6 febbraio 2013

Sul perchè la Cina è e sarà sempre un punto di domanda

In questo periodo sto leggendo "Cina" di Henry Kissinger. Personaggio discutibile è vero, ma senz'altro  
uno dei più astuti e fini pensatori del XX secolo riguardo la "res publica". 
Un libro scritto egregiamente, ma da leggere con molta attenzione e preferibilmente avendo delle conoscenze non troppo superficiali sulla Cina per evitare di prendere come oro colato ciò che la vecchia "volpe del deserto" presenta come dati e concetti incontestabili, come fatti provati, come verità.
Verità, mezze verità e non verità riguardo al Grande Paese se ne leggono anche troppe e spesso scritte in modo non così squisitamente letterario. Perciò per adesso credo che sia un libro molto interessante e altrettanto "pericoloso".
Proprio oggi, mentre i miei alunni stavano facendo il test sul pronome relativo, ho letto questo passo riportato nel libro di Kissinger, scritto da un traduttore inglese sul Grande Paese nel 1850:
"Un europeo intelligente, abituato a riflettere sulla condizione di un certo numero di paesi, ognuno con particolari vantaggi e svantaggi, potrebbe, sulla base di alcune ben precise analisi e con pochi dati a sua disposizione, formarsi un'idea abbastanza corretta dello stato di una popolazione a lui ancora ignota. Ma sarebbe un errore fatale credere che si possa far questo anche nel caso dei cinesi. La loro esclusione degli stranieri e l'isolamento entro i confini del proprio paese, privandoli di qualsiasi opportunità di fare paragoni, ha imposto penose restrizioni alle loro idee. Sono quindi totalmente incapaci di svincolarsi dai loro collegamenti obbligati e giudicano ogni cosa sulla base di regole appartenenti esclusivamente alla tradizione cinese" (Thomas Meadows, Desultory notes on the government and people of China)

E' tutto il giorno che penso e ripenso a questa citazione e per molti versi sono d'accordo. Il punto di domanda che assilla i visi pallidi che studiano il Grande Paese e gli scompensi psicologici, le depressioni e le incazzature provocate dal vivere nel Grande Paese sono in parte riconducibili al fatto spiegato limpidamente in questa citazione.
In una cosa soprattutto mi trovo d'accordo, l'impossibilità dei cinesi di fare dei paragoni. E' una loro grande incapacità secondo me. Questa loro deficienza provoca inevitabilmente un distacco, uno strappo da tutto ciò che sia diverso da loro, dalla loro cultura, dal loro paese. Hanno paura di ciò che può intaccare il loro equilibrio e mi riferisco non al loro governo, ma ai singoli individui. Il problema poi secondo me sta anche nella loro reazione quando realizzano la loro incapacità nel fare determinati paragoni. I giovani cinesi soprattutto si sentono in qualche modo inferiori rispetto a un europeo. Questa è la cosa che mi fa più soffrire anche mentre insegno. Certe volte mentre parli o spieghi determinate cose ti guardano come se fossi un saggio della montagna e per Dio non lo sono e non mi reputo neanche uno dei più intelligenti europei che vivono nel Grande Paese. La reazione è sempre di stupore, si chiedono perchè loro non ci hanno mai pensato e se ne escono con un: come sei intelligente e colto, quante cose che sai e come ragioni.
Pensano di non essere intelligenti e questa è la cosa che mi fa arrabbiare perchè non è affatto così nella maggior parte dei casi.
Nel Grande Paese manca la conoscenza del mondo, manca un termine di paragone, manca il relazionarsi con un non cinese.
Dovranno capire che paragonare A(Cina) con A(Cina) è inutile, non provoca nessun effetto, mentre paragonare A(Cina) con B e poi con C,D,E ed F porta conoscenza, sicurezza, coscienza dei propri limiti e dei propri punti di forza, ricchezza culturale e una maggior sicurezza culturale anche del proprio paese. Relazionarsi con il diverso è il primo passo per conoscere se stessi, avere coscienza di se stessi e avere la forza così di difendere le proprie idee, la propria cultura e il proprio paese. 
Il Grande Paese ha un estremo bisogno di questo, secondo me, e quando la luce abbagliante dei soldi a poco a poco si affievolirà se ne renderanno conto credo. Spero. Prego.


1 commento:

  1. Bellissimo articolo. Concordo in tutto, il fatto che la conoscenza dell'"altro" sia il punto di partenza per la crescita (personale e/o di un paese in genere) mi sembra così elementare, eppure...
    L'ignoranza è e resterà una malattia mortale.

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